mercoledì 14 aprile 2021

I Cappuccini e la Madonna di Lourdes -

Sino dagli origini...



1. L’11 febbraio 1858, una giovane ragazza di Lourdes recatasi con due amiche lungo il fiume Gave per raccogliere legna di nome Bernadette Soubirous, sente un rumore come un forte colpo di vento. Alzando gli occhi vide nell’incavo di una Grotta una bella Signora che le fa cenno di avvicinarsi; la Bella Signora le sorrideva. Marie-Antoine scriverà: “Ed è in questa povera grotta di Lourdes, fino ad ora ignorata e sconosciuta alla Francia e al mondo, che l'universo verrà a contemplare questo sorriso!” Per ben 18 volte la fanciulla si recherà alla Grotta come glielo ha chiesto la Signora. Queste apparizioni sconvolsero la società del tempo e suscitarono grande entusiasmo.

Tra la 17e e la 18e apparizione, mentre predicava nei dintorni di Lourdes, il P. Marie-Antoine de Lavaur già famoso e conosciuto come il santo di Tolosa, decise di recarsi alla Grotta di Massabielle per rendersi conto di persona di quello che accadeva in questo luogo sperduto e per incontrare la piccola veggente.

 

2. Padre Marie-Antoine, missionario cappuccino - statura alta, barba lunga, saio consumato, un crocifisso incastrato nella corda, uno sguardo che non si può dimenticare, il sorriso gioioso - con i suoi carismi ha segnato lungo cinquant'anni di intenso apostolato tutta la Francia. A suo tempo ha goduto di una popolarità straordinaria; ha pubblicato quasi ottanta opere, tra cui Les Grandes Gloires de Saint-Antoine de Padoue, con una tiratura di mezzo milione di copie.

È nato a Lavaur (Tarn) il 23 dicembre 1825 in una famiglia molto pia. Il giorno successivo viene battezzato con il nome di Léon Clergue e consacrato alla Beata Vergine. Ha avuto una vocazione precoce entrando all'età di 11 anni nel seminario minore di Tolosa. Ordinato sacerdote nel 1850, viene subito nominato vicario a Saint-Gaudens dove sente la chiamata di San Francesco e nel 1854 entra nel noviziato dei Frati cappuccini a Marsiglia; il giorno della festa di sant’Antonio di Padova diventa padre Marie-Antoine. Un anno dopo inizia a predicare con successo a Marsiglia, a Tolone, prima di essere inviato, all'età di 32 anni, a fondare il grande convento dei Cappuccini di Tolosa al quale sarebbe stato legato per tutta la vita. La sua notorietà raggiunge velocemente tutta la città. Il suo amore per i poveri, la sua passione per Cristo e Maria Immacolata, e la sua vita umile fatta di distacco e dimenticanza di sé, gli valgono l’appellativo “il Santo di Tolosa”, prima ancora di compiere 40 anni.

Grande “operaio” di Maria, ha promosso e animato molti pellegrinaggi mariani, e sarà all'origine della devozione popolare a Notre-Dame de Lourdes e dei primi grandi pellegrinaggi.  


Dal 1893 si dedica all’Opera del Pane di Sant'Antonio, in concomitanza con lo sviluppo della devozione al santo francescano in Francia, e negli ultimi anni della sua vita, realizza un vecchio sogno facendo costruire la cappella della Madonna della Consolazione a Lavaur suo paese natale.


Missionario cappuccino fino in fondo, inventivo e con un'energia sorprendente, confessore instancabile, porta avanti le sue battaglie su tutti i fronti: la scristianizzazione del paese, lo smarrimento dei costumi, la disobbedienza in tutte le sue forme, la libertà dei religiosi disprezzati e costretti all'esilio nel 1880 e soprattutto nel 1903. Le sue armi sono la preghiera, la formazione religiosa del popolo a cominciare dai bambini, la predicazione popolare (parla spesso in dialetto conducendo i suoi ascoltatori verso un Dio di misericordia e di amore).


Muore a Tolosa l’8 febbraio 1907 nella solitudine di un convento glaciale, da cui l’autorità pubblica non ha avuto il coraggio di cacciarlo per paura di una sommossa popolare. Al suo funerale una folla immensa di oltre cinquantamila persone secondo la stampa dell'epoca ha voluto accompagnarlo per l’ultimo viaggio. Il suo corpo riesumato nel 1935 dal cimitero cittadino riposa ora nella cappella del suo convento, divenuto proprietà dei Carmelitani nel 1999. La sua tomba non ha mai cessato di essere oggetto di fervente devozione. È dichiarato venerabile il 23 gennaio 2020.

 

3. L’operaio di Maria è a Lourdes. La Vergine è appena nuovamente apparsa il mercoledì di Pasqua. Bernadette che ha fatto la sua prima comunione il 3 giugno, deve partecipare alla messa che celebrerà il Cappuccino. Di fronte a questa ragazzina pia e candida come un angelo, così povera e così gracile, il frate è incantato. Bernadette fa pure la comunione durante la sua messa e il Padre scrive: Quello stesso giorno, mi è permesso interrogarla a lungo. Ogni sua parola è per me una perla preziosa che ho devotamente incastonato nello scrigno dei miei ricordi più religiosi". P. Marie-Antoine si lascia deliziare dalla storia di Bernadette. Nessun dubbio lo sfiora. È tutto vero. Bernadette è qui, come un fiore caduto dal cielo o meglio dal cuore stesso di Maria, per essere la testimone perpetua e sempre sensibile delle Apparizioni. L'ultima delle quali avrà luogo il 16 luglio.


P. Marie-Antoine ha chiesto a Bernadette di ripetere per lui i gesti che hanno accompagnato le parole: "Io sono l'Immacolata Concezione". Lui stesso racconta che Bernadette raccogliendosi dice: « Lei ha fatto così ». E "allo stesso tempo, il suo viso assume un'espressione così adorabile che il ricordo non svanirà mai dalla mia memoria. Come la Santa Vergine, Bernadette stende prima le mani, poi le solleva all'altezza delle spalle, infine le unisce sul petto e, guardando il cielo, mi dice: - È in quel momento che la Santa Vergine ha detto queste parole: Io sono l'Immacolata Concezione ”. Sembrava una visione di cielo. Bernadette è trasfigurata, qualcosa di soprannaturale le passa sul viso, i suoi occhi si tuffano nell'infinito! Entrambi profondamente commossi, stiamo in silenzio per un momento. “Cara bambina, quanto sei felice! Bernadette annuisce modestamente con la testa. "Oh, Padre mio, quanto è bella, la Vergine Santissima, quanto è bella! Tutte le statue, tutte le signore della terra non sono niente a suo confronto! "


Il P. Marie-Antoine, terrà particolarmente presente una richiesta della Madonna : "Voglio che si venga qui in processione". Un tale desiderio trova un eco particolare nel suo animo di apostolo. E Mons. Peyramale, parroco di Lourdes, non avrà sostegno più forte e collaboratore migliore del cappuccino. I due uomini, di forte fede ed energia ostinata, erano fatti per andare d'accordo. Il 18 gennaio 1862, il vescovo di Tarbes riconobbe le apparizioni, autorizzò il culto nella Grotta e propose anche di costruire lì un santuario. Insieme, i due sacerdoti prenderanno provvedimenti per promuovere i pellegrinaggi alla Grotta di Massabielle. Tuttavia, occorreranno più di sei anni per organizzare il primo grande pellegrinaggio regionale, quello di venti parrocchie nella regione di Tarbes, guidato da P. Marie-Antoine.

Ma il Cappuccino, apostolo di Maria fin dall'adolescenza, approfittando di una missione che predica nei dintorni, si reca a Lourdes nell'aprile 1862. È un pellegrinaggio solitario. In una lettera descrive ai genitori quanto ha provato. La penna non ha il potere di esprimerle, dobbiamo vedere, ascoltare e sentire queste cose dal cielo! Maria è lì, ancora visibile, si respira il profumo che ha lasciato in questa valle, in questa grotta e su queste colline. Mi sembra di rivederla e di sentire la sua voce, quando vedo e sento la pastorella che ha avuto la fortuna di essere visitata da Lei diciotto volte ".


L’anno successivo, forse una sera di maggio 1863, sono forse le nove, una ventina di persone pregano lì in una semi oscurità. Circa altrettante candele bruciano ai piedi di un'immagine della Vergine. Tutto tace. "Queste candele devono camminare e cantare", disse tra sé il cappuccino. Detto fatto. Tutti sono invitati a prendere una delle candele.
Nelle loro mani, queste torce formano un semicerchio davanti alla Grotta, al canto dell'Ave Maris Stella.
Il giorno dopo cento candele, poi migliaia e migliaia correranno sul sentiero tortuoso, sulla spianata o nel prato”. E dal 1872, con l’inizio dei grandi pellegrinaggi, queste processioni con le fiaccole sono al centro della liturgia popolare di Lourdes.


Padre Marie-Antoine ha fatto grandi cose a Lourdes. Quante altre, tuttavia, avrebbe ancora voluto realizzare. I buoni padri della Grotta, come li chiama, diffidano delle sue iniziative e dei suoi progetti, cercano di resistergli in tutti i modi. Ma lui ha argomenti che disarmano. Nel 1870, vede l’erigenda Basilica dell’Immacolata: lui la vorrebbe molto più grande per rendere un culto perpetuo a Maria. Sogna pure la presenza dei cappuccini come confessori. Intorno al 1880, una benefattrice gli darà i soldi in contanti per costruire un grande convento per i frati ma il periodo è quello delle espulsioni anticlericali e deve rifiutare i soldi: tutti i frati, tranne lui, sono in esilio!

                   

4. A Lourdes la presenza dei cappuccini sarà sempre viva, nonostante tutto. Oltre il ricordo di P. Marie-Antoine e il suo busto alla fine della Via Crucis, oltre ai numerosi confratelli che durante tutta la stagione dei pellegrinaggi si recano da tutto il mondo presso la Grotta di Massabielle per accompagnare gruppi, c’è un cappuccino che veglia e precede i confratelli. In uno dei cimiteri della cittadina dei Pirenei, una tomba è meta di pellegrinaggi. È sempre ricoperta di fiori freschi e di tanti ex voto: vi è sepolto fra Giacomo da Balduina, pellegrino a Lourdes (1908-1948). Nato a Balduina in provincia di Padova, entrò tra i cappuccini a Rovigo. Nel 1918 dovette interrompere gli studi per compiere il servizio militare a Milano. Dopo quattro anni riprese la strada del convento e il 28 settembre 1922 a Bassano del Grappa, vestì l’abito francescano e poi sarà a Venezia per gli studi teologici. Ben presto si ammala gravemente. I superiori, convinti che non sarebbe vissuto a lungo, lo fanno ordinare sacerdote. Dopo l’ordinazione con difficoltà porta avanti il suo ministero in modo eroico e si distingue particolarmente nell’ascoltare le confessioni soprattutto uomini, sacerdoti e seminaristi che accoglie nella sua cella. Un giorno confida a un seminarista che, come lui, si reggeva in piedi con le stampelle: «Io invece, non posso attendermi nulla di meglio. Mi sono offerto vittima a Dio per la santificazione dei sacerdoti. Dio ha accettato l’offerta e ha disposto che l’encefalite letargica fosse lo strumento più adatto al raggiungimento del mio ideale».


Molto devoto della Madonna, si reca in pellegrinaggio nel 1941 e 1946 a Loreto e nel 1948 va in treno a Lourdes. Sarà l’ultimo viaggio. Ha chiesto una grazia speciale. Non la guarigione, ma poter partire per il cielo sotto lo sguardo di Maria: arriva intorno alle 16 del 21 luglio 1948, dopo 35 ore di viaggio. In preda alla febbre ripeteva, “alla Grotta presto, portatemi alla Grotta”, il medico dispone invece di trasportarlo all’ «Asile», dove si accolgono i pellegrini malati. Con il passare delle ore il respiro di padre Giacomo diventa ansimante e affannoso. Perde conoscenza, ma più tardi all’ora dei vespri, apre gli occhi e, con voce flebile, canta il Magnificat poi rende la sua anima a Dio com

e desiderava sotto lo sguardo di Maria pur non essendo stato alla Grotta. Sepolto nel cimitero di Lourdes, la sua tomba è luogo di grazie per innumerevoli pellegrini del mondo intero. Il 16 giugno 2017, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Giacomo è stato dichiarato Venerabile.

 

       3. Bisognerà tuttavia attendere il 2017 per vedere una fraternità di cappuccini a Lourdes. Il sogno di Marie-Antoine diventa realtà, la presenza di p. Giacomo una benedizione! I santi ci precedono e aprono le strade. L’apostolo e il pellegrino sono ancora qui a vegliare sulla nascente fraternità dei cappuccini della città mariana.

       La fraternità di Lourdes nasce nell’ambito del Progetto delle fraternità per l’Europa, molto opportunatamente ribattezzato “San Lorenzo da Brindisi”. Siamo attualmente 5 fratelli 3 provenienti della Provincia di Sardegna e Corsica, una della provincia di Messina in anno sabbatico e un postnovizio della provincia di Francia.


Come si è arrivati a Lourdes? Inizialmente, le Provincie di Sardegna e Corsica e quella di Genova (la fraternità iniziale contava un frate di Genova deceduto, fra Andrea Caruso) hanno proposto al provinciale di Francia l’apertura di una fraternità sul territorio francese. Hanno riflettuto per qualche tempo sulle modalità di collaborazione con la provincia di Francia. Non c'erano posizioni o piani predeterminati. L'unico desiderio espresso era quello di collaborare nell'ambito del progetto "Fraternità per l'Europa".


Lourdes si è imposta da sé. Diciamo semplicemente che diversi fattori sono stati determinanti: Lourdes è un luogo di visibilità e offre tutte le possibilità per mettere in pratica quanto espresso nella Carta del Progetto; una roccaforte della vita della Chiesa francese dove molti, cattolici e non, si danno un tacito appuntamento;

un luogo dove al centro stanno il malato e il debole; un luogo francescano a più di un titolo: è qui che Maria ha detto il suo nome, Io sono l'Immacolata Concezione, un nome tanto caro al cuore di tutti i figli di San Francesco; la presenza di due venerabili Marie-Antoine de Lavaur, il grande apostolo di Lourdes, e Giacomo da Balduina, entrambi prossimi alla beatificazione (si spera!); ma ciò che colpisce è che il desiderio del Vescovo di Lourdes ha coinciso con il nostro. Lui sognava di avere un segno comunitario di vita fraterna ben visibile (“col vostro abito!”) in questo santuario.

Come frati siamo soprattutto

impegnati a tutti i livelli nella pastorale del santuario, nell’accoglienza dei pellegrini, a servizio di una struttura di persone in difficoltà psichica ma anche per qualche servizio nella diocesi. La fraternità è pure inserita nella vita della Provincia di Francia: la presenza di fr. Marie-Nicolas e prima di lui di fr. Samuel, frati in formazione, hanno giovato molto a tessere legami forti col resto della Provincia. A Lourdes la nostra casa, proprietà del santuario, non ci consente di accogliere tutti i confratelli dell’Ordine che ci chiedono l’ospitalità. Ma alla luce di quanto detto non sarebbe inutile riflettere su un potenziamento della nostra presenza. Lourdes dà una visibilità mondiale al nostro Ordine.

Possiamo dire che questi 4 anni vissuti a Lourdes, sono stati un tempo di grazia e di benedizione.


Pace e bene!



Contributo di fr Jean-Marcel Rossini - attuale guardiano.

domenica 11 aprile 2021

Fra Antonio di Mauro nell'Africa


Sostenere la speranza

Carissimi amici, giunga a ciascuno di voi il saluto francescano di pace e bene!

Mi chiamo Antonio Di Mauro, e sono un giovane frate cappuccino, che da circa un anni ho terminato la formazione iniziale. Ho 37 anni e appartengo alla provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio.

Non vi nascondo la mia emozione nello scrivere questo articolo, con il quale desidero condividere con voi quello che profondamente mi ha spinto a partire per l’Africa.

Così, mentre con mano tremante riporto il mio pensiero, allo stesso modo vengo raggiunto da quel entusiasmo missionario che mi porto nel cuore sin dalla mia infanzia. Sì, perché questo sogno per la missione era ben radicato già nel mio ambito familiare e, in modo del tutto speciale, fortemente caratterizzato dalla figura di mia zia, suora missionaria, appartenente all’Istituto delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue di N. S. G. C.

Ricordo sempre con quanta ansia aspettavo il suo ritorno dall’Africa per le ferie!

Era davvero una zia speciale... nessuno dei miei amici aveva avuto un familiare in terra d’Africa. Questo mi faceva sentire un bambino unico, diverso dagli altri!

Non solo! Ma, oserei dire, che la nostra stessa casa era diventata un vero e proprio "centro missionario". In essa, infatti, tante sono state le esperienze indirette missionarie e le iniziative di carità che, grazie alla collaborazione e alla generosità di tante persone, hanno favorito, promosso e realizzato tanti progetti in favore di persone bisognose e di situazioni drammatiche, e che, purtroppo, in Africa sussistono ancora.

Quell’entusiasmo, quindi, è cresciuto insieme alla mia giovane età e mi ha spinto a compiere con gioia la scelta di vivere un’esperienza missionaria, che compio nella fede e nell’amore con il quale Cristo ha amato noi! Sono giunto a questo anche grazie all’ascolto delle esperienze missionarie dei tanti frati missionari, attraverso i quali ho avuto modo di conoscere l’opera di evangelizzazione di tanti confratelli che in Africa hanno trascorso buona parte della loro vita. Sentire le loro testimonianze è stato come ascoltare una musica dolce e soave, sulla quale ho sintonizzato la mia prospettiva di vita!

È stata la missione stessa a sedurmi e a convincermi che potevo intraprendere questa strada.

Nel corso della formazione, grazie alla disponibilità e all’apertura dei superiori e dei formatori, ho avuto modo di alimentare questo desiderio missionario; tante sono state le esperienze concrete di apostolato missionario, sia come collaboratore dell’animazione missionaria, sia come conoscenza diretta in Albania, dove i frati della provincia di Puglia hanno la loro missione.

Questa vocazione missionaria ha trovato spazio anche nell’ambiente accademico, all’interno del quale ho presentato, come lavoro finale per il conseguimento del baccellierato in Sacra Teologia, una tesi dal titolo "La missione per e con i giovani".  

In questo lavoro ho sviluppato il tema della missione dal punto di vista ecclesiale, richiamandone i dati teologici e quelli spirituali, arrivando a svilupparne il modo di ripensare la missione. Ho voluto poi evidenziare la loro incidenza nella grande famiglia francescana a cui appartengo, analizzando in primo luogo il modo in cui san Francesco d’Assisi intendeva la missione, fino a descrivere le modalità in cui oggi la famiglia francescana è coinvolta nel mondo come presenza e provocazione missionaria, vale a dire la modalità con il quale il carisma francescano tutt’oggi può essere a servizio dell’evangelizzazione e della promozione dei valori evangelici di fraternità, giustizia e pace nel mondo.

Questa desiderata esperienza, dunque, non è passata inavvertita e disattesa, ma, al contrario, è stata sempre incoraggiata e protetta.

In Ciad, infatti, ho avuto la grazia di vivere un tempo abbastanza intenso, anche a causa delle restrizioni dovute al COVID-19, nelle fraternità di Goré e Baibokoum, dove ho avuto modo di considerare tutta l’importanza del periodo vissuto qui, specialmente grazie alla preghiera, meditazione della Parola di Dio e dell’amicizia con Cristo, attraverso cui è stato possibile presentargli i desideri e le speranze, le gioie e le sofferenze. Tutto questo, infatti, mi è servito per non far soffocare la mia esperienza dalle esitazioni del mondo e dalle sue distrazioni.

Questo periodo, dunque, è stato segnato, da parte mia, da un forte spirito di discernimento, cercando, così, di riconoscere i segni dei tempi e, in modo del tutto particolare, è stato attraversato fortemente da alcune parole che mia madre mi diceva quando eravamo seduti a tavola: «mangia quello che c’è nel piatto, perché c’è sempre un bambino che non ha cosa mangiare». Vivendo qui in Africa mi rendo conto di quanto sia ancora vera la sua voce.


Ho in mente, quindi, una sola parola che racchiude questo spazio di tempo vissuto in Ciad: "speranza". Una parola che mi fa vedere non solo la fame in sé intesa come denutrizione, ma che mi fa individuare la causa derivante dalla pesante sofferenza economica e sociale. Una fame, dunque, che è parte di un sistema strutturale, che imprigiona la piena realizzazione della dignità umana.

Individuo nella speranza, allora, quella forza motrice che scarcera la storia dalla fatalità del male, dello sperpero, dell’ingiustizia, della guerra e che si fa voce di gente che grida al mondo intero di meritare una vita migliore.

Una speranza, dunque, che traspare nei volti gioiosi dei bambini quando percepiscono che c’è qualcuno che vuole giocare con loro.

Una speranza che nasce da una semplice stretta di mano che dice: «coraggio, camminiamo insieme».

Una speranza che trova il suo vigore in uno scambio interculturale e interreligioso, dove la differenza diventa ricchezza.

Una speranza che illumina chi, avendo vissuto e vivendo ancora l’amara e dura esperienza di una sofferenza dettata dall'egoismo, autore di morte, invita a cambiare rotta nella vicenda dell’umanità, denunciando tutte quelle vie d’esilio che si contrappongono alle vie dell’incontro, il disprezzo che soffoca il rispetto...


Una speranza che trova la sua vivacità nella pace in una realtà in cui per sfamarsi gli uomini si spingono fino a scontrarsi, dimenticando persino la propria umanità.

Così, mentre cerco di condividere con voi questo articolo, la mia mente viene occupata da alcuni passaggi dell’enciclica "Laudato Sii" di Papa Francesco, attraverso cui ci viene donato un nuovo percorso di speranza: la relazione tra questioni ambientali, sociali, finanziari e culturali, aspetti che, la maggior parte delle volte, sono separati.

Una relazione, dunque, capace di far fronte a questa società che spesse volte si rivela assetata di beni materiali, di piaceri temporali e di desiderio insaziabile di dominare si tutto il creato.

Oggi, più che mai, la crisi di speranza stordisce e ferisce più facilmente le nuove generazioni che, specialmente in contesti socio-culturali privi di certezze, di valori e di validi punti di riferimento, si trovano a fronteggiarsi con difficoltà che appaiono superiori alle loro forze e che, quindi, corrono il rischio di farsi incantare e sedurre dal fascino della moderna cultura secolare. Ed è in questo contesto che è nostro dovere sostenere con tutte le forze la speranza, i sogni e quel bisogno di autenticità, di giustizia, di amore, di lavoro. Solo questo atteggiamento di compartecipazione può essere balsamo di una nuova primavera per far fiorire sane relazioni e profumare la nostra stessa vita di solidarietà e di amore. Parlare e portare la propria esperienza agli altri, in modo da muovere i cuori e le menti, e far germogliare fiducia nel futuro, nell’amore e nel rispetto della vita.

Se validissimo è stato il lavoro fino ad oggi realizzato, è tuttavia imprescindibile continuare l’opera di evangelizzazione, particolarmente continuando a trasmettere ai fratelli e sorelle africani l’ardore missionario, e tenerne sveglia la stessa opera. 

Tornando alla mia esperienza nella Custodia del Ciad-Centrafrica e giunto al termine della stessa, condivido con voi il frutto del mio discernimento per quanto riguarda la vocazione missionaria.

Se è vero, infatti, che i metodi di vivere la missione oggi si rivelano diversi, il desiderio di avanzare nella vocazione missionaria è innegabile. Parlando con i superiori della mia Provincia e della Custodia, ho espresso loro il desiderio di essere al servizio dell’evangelizzazione nella Custodia del Ciad-Centrafrica per un periodo più prolungato; desiderio corrisposto dagli stessi. Per questo processo di evangelizzazione, mi è stata chiesta la disponibilità per lavorare come responsabile della pastorale dei giovani, alla quale si affiancano anche alcuni impegni all’interno della fraternità. 

sabato 30 maggio 2020

Progetto delle Fraternità Internazionali nell'Amazzonia

L'Amazzonia ti aspetta 



Pace e bene.

Caro fratello, da tempo il nostro Ordine dei Cappuccini ha un bellissimo sogno di avere Fraternità internazionali in Amazzonia, esattamente sul triplo confine di Brasile, Colombia e Perù, dove abbiamo già due Fraternità una a Benjamin Constant – Brasile e l’altra Leticia - Colombia. 

Pian piano il progetto sta prendendo forma, vogliamo che le Fraternità abbiano frati locali e anche frati di altre circoscrizioni che vogliono vivere intensamente il nostro carisma di vita fraterna, minorità e preghiera, in quella realtà fortemente missionaria. Sarebbe vivere la missione però a partire dei nostri valori cappuccini. 

Sogniamo anche di poter organizzare lì una scuola missionaria per tutti i postnovizi delle Americhe e altri frati interessati, coinvolgendo entrambe le fraternità, capace di dare una base teorica e pratica del nostro modo di essere missionari. Occorre trovare frati che vogliano vivere questa esperienza. 

Sappiamo che Dio toccherà il cuore di alcuni in modo che possano dire di sì. Se vuoi saperne di più su questo progetto, contattaci. Con gioia metteremo a disposizione i materiali che già abbiamo e anche inizieremo un dialogo fraterno. 

Sono fra Mariosvaldo Florentino, segretario generale delle missioni. E puoi scrivere un'e-mail a missioni@ofmcap.org o inviare un messaggio sul nostro facebook: Evangelizatio et missio OFMCAP. 

Un abbraccio. Pace e bene.

I cappuccini in Gabon


I Frati Minori Cappuccini sono presenti in Gabon dall’anno 2000.
Le monache clarisse che risiedevano già in quel paese dal 1975, volendo essere accompagnate dai frati, fecero tale richiesta al Ministro generale, fr. John Corriveau. tramite l’arcivescovo di Libreville. Il Ministro chiese alle provincie siciliane di andare in missione in Gabon, ma a causa di carenza di frati, non poterono intraprendere quel mandato. Allora tale missione fu proposta alla Provincia di Varsavia che l’accolse, diventando così il Gabon la prima missione africana affidata alla Provincia di Varsavia.


I primi due missionari, fra Jarosław Antoniak e fra Jerzy Siedlecki, giunsero in Gabon il giorno della festa della Porziuncola, il 2 agosto 2000. Cominciò così il progetto dell’implantatio Ordinis in Gabon. L’arcivescovo di Libreville affidò ai frati la parrocchia a Essassa, a 23 chilometri dal centro della capitale. In questa piccola parrocchia c’erano oltre il monastero delle clarisse, la chiesa parrocchiale e due altre cappelle nei villaggi. Col tempo, il vescovo aggiunse a Essassa altri villaggi. Alla fine del 2001, accanto alla chiesa parrocchiale venne costruita la prima casa cappuccina e due altri frati si aggiunsero a rinforzare la presenza. Un anno dopo, nel dicembre 2002, l’arcivescovo affidò ai frati altre due parrocchie, Ntoum e Cocobeach.


Alla parrocchia di Essassa vennero aggiunte due cappelle nei vilaggi vicino a Libreville come pure il luogo dei pellegrinaggi con la statua di Maria, Madonna del Gabon, sulla collina a Melen, alla periferia della capitale. Un frate aprì più tardi una nuova casa nella parrocchia di Ntoum, una piccola città a 40 chilometri dalla capitale. Il lavoro pastorale si svolgeva al centro di Ntoum e in altri undici villaggi con piccole cappelle. Quella parrocchia era legata ad un’altra, quella di Cocobeach, a 83 chilometri verso il nord, alla frontiera con la Guinea Equatoriale, che non aveva la presenza stabile di sacerdoti. Nell’anno 2004, giunsero in Gabon altri due frati polacchi; la missione si stava sviluppando. Il luogo dei pellegrinaggi a Melen, precedentemente abbandonato, con lo sviluppo delle strutture, iniziava a diventare una delle Chiese importanti di Libreville. Nel 2006 altri tre frati giunsero a rafforzare la presenza cappuccina e nello stesso anno, venne aperta la nostra terza casa, a Cocobeach, separata dalle altre da una strada in cattivo stato. Nell’anno 2007, le tre case dei frati: Essassa, Ntoum e Cocobeach furono erette canonicamente. Nello periodo il frate responsabile per il santuario di Melen cominciò a costruire due case sulla collina, una per le suore polacche, invitate per lavorare nel santuario e una per i frati. Nel 2008, giunsero in Gabon altri due altri frati missionari, e rientrò in Provincia uno dei primi; un altro frate abbandonò l’Ordine poco tempo dopo. Nell’anno 2010 si aggiunsero altri due frati, mentre altri due fecero ritorno in Provincia. Il numero dei frati presenti in Gabon non ha mai superato gli undici.


Il 28 novembre 2011, il Ministro Generale fr. Mauro Jöhri, eresse canonicamente la Delegazione Provinciale del Gabon. Come primo Delegato fu nominato fra Sławomir Siczek. Patrono della Delegazione fu nominato san Giovanni Paolo II. Nel 2013, a Melen fu aperta la quarta casa, mentre Cocobeach accolse nella casa dei postulanti i primi due candidati gabonesi. Nel giugno 2014, un bravo frate missionario, Paweł Truszkowski (38 anni) purtroppo morì di malaria. È stato sepolto a Ntoum, dove faceva il parroco. Nel 2019, la Delegazione del Gabon, non avendo il numero di frati sufficienti nelle case, ha iniziato la collaborazione personale con le Custodie di Bielorussia e del Camerun. Le due Custodie inviarono ognuna un fratello missionario per lavorare in Gabon. Attualmente nelle quattro case, tre delle quali erette canonicamente, siamo 10 frati missionari: otto polacchi, un bielorusso e un camerunese.


Quest’anno abbiamo due frati professi semplici: uno segue l’anno di stage in Polonia, l’altro frequenta il primo anno di filosofia in Benin. Abbiamo anche due postulanti, uno nel primo e l’altro nel secondo anno. La loro formazione si svolge in Costa d’Avorio. Quest’anno vorremmo aprire il postulato a Ntoum in Gabon.

Il nostro lavoro pastorale è legato soprattutto alle parrocchie e al santuario Mariano in via di sviluppo. Le nostre parrocchie si estendono anche alle zone rurali. Non abbiamo sviluppato molte opere sociali, tranne due scuole materne e un dispensario. Il Gabon, economicamente sta meglio dei paesi vicini, ma è ancora lontano dal punto di vista della fede cristiana e dell’evangelizzazione. I frati Cappuccini, a 20 anni dal loro arrivo, continuano la missione dell’implantatio Ordinis nella terra del Gabon. Rendiamo grazie a Dio per la Sua opera tra di noi sapendo che molto resta ancora da fare.

fra Piotr Wrotniak OFMCap Delegato del Gabon












  La MISSIONE Nella Ratio Formationis dei Cappuccini                Questo testo vuole aiutare nell'attuazione della Ratio Formation...